Con la legge del 2019 siamo al
terzo capitolo della saga dell’azione di classe all’italiana. La class action ha fatto il suo ingresso
nel dibattito parlamentare nel 2004, a seguito degli scandali Parmalat e Cirio.
Ricordo proprio in quell’anno che quando una proposta di azione collettiva, che
ho contribuito a scrivere, fu inserita nel disegno Letta-Pinza-Maccanico non
furono poche le proteste e i timori che questo nuovo strumento processuale suscitava.
Si paventava che gli avvocati avrebbero, come nei film americani, sollecitato
un contenzioso strumentale ed estorsivo contro le imprese. Se guardiamo agli
esiti pratici ci dobbiamo chiedere oggi le ragioni di un radicale insuccesso.
Nell’attuale versione
dell’azione di classe all’italiana molti limiti precedenti sono stati superati.
Innanzitutto, è stato ampliato l’ambito di applicazione oggettiva, essendo la
nuova azione esperibile non più soltanto dai consumatori, ma anche da
professionisti, imprese, associazioni senza scopo di lucro, investitori,
azionisti, lavoratori. La legittimazione ad
agire è stata attribuita, oltre che ai componenti della classe, anche alle
associazioni e alle organizzazioni senza fine di lucro, i cui obiettivi
statutari comprendono la tutela dei diritti individuali omogenei lesi e purché
iscritte in un elenco che dovrà essere istituito dal Ministero di giustizia. Altra
rilevante novità attiene al meccanismo delle adesioni, consentite non solo
successivamente al superamento del filtro di ammissibilità, ma anche dopo la
sentenza con cui il tribunale accerta la violazione denunciata. La riforma
interviene, infine, sui costi da sostenere per promuovere l’azione collettiva,
i quali sono sensibilmente ridotti. A ciò si aggiunge un sistema di incentivi
per i difensori del ricorrente e per il rappresentante comune della classe.
Se, tuttavia, oggi facciamo un
bilancio, l’azione di classe continua a essere una soluzione alla ricerca di un
problema da risolvere. Essa ambirebbe a offrire uno strumento per gestire
processualmente i contenziosi seriali e per esercitare una funzione deterrente
sulle imprese spingendole a comportamenti più avveduti e meno opportunistici. Provo
a spiegare perché non accade.
1. Se guardiamo nell’ultimo
decennio allo sviluppo dei sistemi di risoluzioni delle liti, un ruolo decisivo
lo hanno assunto le forme di mediazione o composizione delle controversie
alternative al giudizio. L’Arbitro Bancario e Finanziario oggi rappresenta un
fondamentale strumento di accesso alla giustizia nella soluzione delle
controversie tra banche e clienti. Ogni anno vengono decise, sottraendole ai
tribunali civili, 27.000 controversie, di queste il 64% non sarebbero state
sottoposte ai giudici. Per il 69% la decisione dell’ABF è a favore dei
consumatori (comprendendo in questo dato la cessazione della materia del
contendere). Nello 0,6% dei casi l’intermediario non adempie la decisione
dell’ABF, di questi per il 72% la decisione è confermata dal giudice. Parimenti,
l’arbitrato sulle controversie delle banche oggetto di risoluzione, istituito
nel 2014 presso l’Autorità Anticorruzione e fortemente voluto dal Presidente Raffaele
Cantone, ha sostanzialmente risolto tutte le controversie generate dal
fallimento delle 4 banche. Per circa due terzi le decisioni sono andate a
favore dei
risparmiatori, aggiudicando circa la metà delle richieste risarcitorie.
Istituto
|
N. istanze pervenute
|
N. istanze ammissibili
|
Importo richiesto
|
Importo riconosciuto
|
Banca
Etruria
|
868
|
831
|
€
29.182.325,39
|
€ 20.726.088,53
|
Banca
Marche
|
365
|
355
|
€
35.512.150,30
|
€ 19.044.082,13
|
Carichieti
|
119
|
117
|
€
5.277.896,83
|
€ 2.020.578,31
|
Cariferrara
|
393
|
382
|
€
8.269.845,53
|
€ 2.619.318,58
|
Totale
|
1745
|
1685
|
€
78.242.218,05
|
€ 44.410.067,55
|
L’esperienza ci dice, quindi,
che non è stata, sinora, l’azione collettiva uno strumento per risolvere i
problemi del contenzioso seriale nel processo civile
2. Lo stesso si può dire della
regolazione del mercato. Per quanto concerne la funzione deterrente, molto
spesso il contenzioso seriale si inserisce in mercati regolati, nei quali vi è
un penetrante intervento delle autorità indipendenti che esercitano poteri ex
ante. Se guardiamo, ad esempio, ai poteri dell’Autorità antitrust essa
esercita poteri preventivi con riguardo al mercato, alla liceità delle clausole
contrattuali e alle pratiche commerciali poste in essere. In termini regolatori
è ragionevole chiedersi se l’azione collettiva non finisca in realtà per
generare costi che aumentano il prezzo finale che pagano tutti i consumatori. Se
i clienti dei treni regionali, servizio regolato e disciplinato da convenzioni
regionali e sovvenzionato in perdita, chiedono il risarcimento del danno per i
ritardi, ciò non stimola necessariamente l’impresa di trasporto ad essere più
efficiente, specie quando la rete è satura e il servizio è gestito in perdita.
Al contrario, ne aumenta solo l’inefficienza. Ciò che manca in questi casi è
una valutazione costi benefici al fine di vagliare quali sono le conseguenze
sul prezzo ultimo a vantaggio dei consumatori.
3. L’azione di classe funziona
là dove gli avvocati che promuovono l’azione hanno rilevanti incentivi
economici a promuovere la causa e, investendo risorse proprie, a portarla a
termine con successo. Tutto ciò manca nella disciplina attuale e, ancor di più,
nel sistema dell’avvocatura italiana. L’incentivo degli avvocati nel
contenzioso seriale contro le grandi imprese si è rivolto spesso a promuovere
singoli giudizi di fronte ai giudici di pace per recuperare somme assolutamente
bagatellari (quali pochi euro o centesimi nella liquidazione delle pensioni
ovvero la restituzione dell’euro pagato per la consegna dell’elenco del
telefono o nella tariffazione a 28 giorni).
Contenzioso
seriale Telecom
|
Dati
al 31.12.2019 giudice di pace
|
Cause seriali in ordine alle
palificazioni per la rete
|
734
|
omessa consegna elenchi
|
931
|
Contestazione del ciclo di
fatturazione a 28 gg
|
1908
|
Da una causa anche di un solo
euro promossa di fronte al giudice di pace l’attuale sistema consente talora di
generare a favore dell’avvocato, che poi metta in esecuzione la sentenza,
diverse centinaia di euro di condanna alle spese. Non è stata, dunque, sino a
oggi l’azione di classe uno strumento deflattivo del contenzioso civile. Tutto
ciò fa emergere il tema della possibilità, oggi non prevista, che sia l’impresa
danneggiante a promuovere l’azione di classe per risolvere in un unico giudizio
con tutti i possibili convenuti i propri contenziosi su una materia
determinata.